L’OSTEOPATIA VISCERALE: COS’È E A CHI SI RIVOLGE

L’osteopatia viscerale è una branca dell’osteopatia che si occupa della mobilità, della motilità e del funzionamento dei visceri (toracici, addominali e pelvici) e delle loro relazioni con il sistema muscolo-scheletrico che si realizzano su tre livelli: fasciali-legamentosi, neurologici e circolatori.

Le connessioni fasciali-legamentose

Le connessioni fasciali-legamentose rappresentano un ponte diretto tra organo e struttura muscolo-scheletrica. Ogni organo infatti è mantenuto in sede da una specifica quota legamentosa, dal sistema fasciale, caratterizzato da una distribuzione più ampia, e dalla pressione interna delle tre cavità. Questo tipo di connessione dà un’informazione di tipo meccanico.
A livello neurologico organi e segmenti vertebrali condividono informazioni circa lo stato trofico e di funzionamento dell’organo, con un rapporto di relazione reciproca.
A livello circolatorio tutto ciò che viene prodotto dagli organi, che possiamo immaginare come una grande fabbrica in cui avvengono miliardi di processi chimici ogni giorno, viene riversato nel flusso ematico, passando quindi per tutto il corpo.
Quando tutto funziona bene tutte queste informazioni (meccaniche, neurologiche e circolatorie) daranno un contributo positivo alla struttura muscolo-scheletrica, ma non sempre tutto va così!

Disturbi intestinali

I disturbi intestinali sono assai numerosi e si manifestano principalmente nella regione lombare e sugli arti inferiori; Disfunzioni dell’area uro-genitale ugualmente coinvolgono la colonna dorso-lombare, la regione dei fianchi, la regione inguinale e delle cosce; Il distretto epato-gastico può contribuire negativamente sulla regione del dorso e sugli arti superiori e si associano spesso a dispnea e altre manifestazioni di tipo respiratorio. Gli organi toracici si manifestano sulla porzione dorsale e cervicale della colonna e sul cranio. Questi sono solo alcuni esempi, infatti ogni valutazione va effettuata secondo un’analisi ben precisa della sintomatologia riferita e dei segni clinici.


L’osteopatia viscerale non sostituisce trattamenti medici convenzionali per patologie organiche (es: tumori, infezioni acute, infiammazioni gravi), ma si applica soprattutto in quelli che vengono classificati come disturbi funzionali (stipsi, meteorismo, alvo irregolare, gastrite, reflusso gastro-esofageo, dispnea, amenorrea, dismenorrea, cistiti frequenti, ecc)
L’approccio interdisciplinare rappresenta sempre un’ottima chiave nel trattamento del disturbo a 360°.

APNEE OSTRUTTIVE NOTTURNE: L’APPROCCIO OSTEOPATICO

L’apnea ostruttiva del sonno (OSA) è un disturbo respiratorio caratterizzato da ripetuti episodi di ostruzione parziale o completa delle vie aeree superiori durante il sonno, con conseguente riduzione o cessazione del flusso aereo. Questi episodi causano desaturazione dell’ossigeno, microrisvegli (arousal) che rendono il sonno frammentato e non ristoratore. Si verifica maggiormente nei soggetti obesi e anziani ed ha una maggior incidenza nella popolazione maschile. Uno studio del 2019 (Lancet Respiratory Medicine) ha stimato una prevalenza globale di oltre 1 miliardo di persone nel mondo.

Cosa Causa l’Apnea Notturna?

Le apnee notturne ostruttive sono causate da ostruzioni anatomiche o funzionali delle vie aeree. Tra i fattori anatomici ricordiamo l’ipertrofia tonsillare e/o adenoidea (più comune nei bambini e nei soggetti allergici), macroglossia, ostruzione nasale cronica, ostruzione faringea, retrognazia (mandibola retratta). I fattori di tipo funzionale invece riguardano le alterazioni di tono e coordinazione motoria dei muscoli della gola: velo palatino basso, arretramento della base linguale, tensione anomala della muscolatura laringea, rigidità toracica.

Trattamento Osteopatico dell’Apnea Notturna

Il trattamento manipolativo osteopatico si rivela particolarmente efficace, specialmente nel caso dei disturbi ostruttivi funzionali: il trattamento specifico di lingua, palato, laringe e cervicale, integrati in una visione funzionale globale, mira al ripristino di un corretto tono muscolare e coordinazione dei muscoli sovramenzionati con risultati immediati percepibili dal paziente. Le cause di tipo anatomico necessitano di un inquadramento multidisciplinare in base alla causa (fattori allergici, malocclusione, obesità ecc) ed un approccio multifattoriale.

ERNIA DEL DISCO: UNA CONDANNA PER LA VITA?

Circa il 20-40% delle persone con ernie di dimensione contenuta e circa l’1-18% delle persone con ernie espulse non sanno neanche di averla. Come è possibile?

L’ernia del disco cos’è?

L’ernia è la chiara manifestazione di un’alterazione biomeccanica locale di un’area che, per varie ragioni, non è in grado di gestire e dissipare le forze in entrata (forza di gravità e risposta antigravitaria) e va in contro a processo degenerativo. Una cattiva mobilità di un tratto vertebrale con l’aggravante di una postura statica e/o dinamica non in equilibrio fa sì che ad un certo punto il tessuto che costituisce il disco intervertebrale non riesca più a gestire il carico di lavoro che nel tempo sfianca le sue fibre fino a erniare il suo contenuto.

I fattori che incidono sull’ernia del disco

L’ernia può essere di vari tipi, ma ciò che conta più di tutto sono due fattori: la sua posizione in primis ed il relativo grado di infiammazione. La posizione è il primo fattore da valutare per il giusto trattamento ed una corretta prognosi: infatti tanto più risiede in prossimità della radice nervosa quanto maggiore è il rischio che vada ad interferire con la corretta espressione neurologica del segmento in questione, con una manifestazione sintomatologica che può coinvolgere un’area più ristretta in prossimità del danno o irradiarsi proporzionalmente al coinvolgimento del nervo.

Tuttavia il fatto che alcune ernie siano manifeste ed altre no o che la stessa persona in alcuni periodi della propria vita vi soffra e in altri no dipende dal grado di infiammazione che può coinvolgere o no quel segmento. Infatti, durante un processo infiammatorio acuto l’area si imbibisce di liquidi e prodotti dell’infiammazione.

Questo fa sì che i tessuti si gonfino (pensa quando il tuo ginocchio si infiamma ed appare un po’ arrossato, gonfio ed edematoso), lo stesso avviene nei tessuti perivertebrali che appunto, rigonfiandosi di liquidi occupano uno spazio maggiore, compresa l’ernia stessa che quindi ha più probabilità di toccare la radice nervosa ed evocare una sintomatologia dolorosa.

Prevenzione Ernia del disco

Lavorare quindi su una corretta meccanica locale e generale è, come per tutti i disturbi a carattere degenerativo, la migliore arma di prevenzione. La sovrapposizione infiammatoria tuttavia riguarda non solo il tipo di lavoro biomeccanico che si esercita sull’area ma risponde di ulteriori fattori come quelli alimentari e dello stile di vita più in generale. Evitare tutti quelli che sono i comportamenti che possono aumentare i livelli infiammatori locali e sistemici rappresentano una chiave per la gestione di tale disturbo.

Come si affronta questa situazione in osteopatia?

Talvolta è necessario il supporto di una terapia (terapia laser, ozono ecc) che sia rivolta all’infiammazione acuta locale, quale fattore controindicativo per la manipolazione diretta. Una volta superata la fase acuta si possono considerare i fattori biomeccanici e posturali che gravano sulla zona e correggerli per eliminare il sovraccarico della zona.

Sempre la stessa storia o “perché non imparo mai”?

Schemi relazionali ricorrenti e come uscirne

Dott.ssa Cecilia Caravaggi, psicologa e psicoterapeuta sistemico-relazionale

A volte la vita somiglia ad uno scherzo, ad una condanna, ad una perversa prova di sopportazione in cui ci viene messo davanti sempre lo stesso cruccio, lo stesso tipo di persone, le stesse dinamiche e gli stessi schemi, in cui giungiamo sempre alle stesse conclusioni e in cui, a prescindere dalle condizioni iniziali, il finale è sempre lo stesso. Ci sono infatti meccanismi in cui si continua a cadere pur cambiando i tempi, i contesti, i rapporti: “Possibile che sono sempre io quellə che deve mediare/capire/prendersi cura/sollevare gli animi/proteggere/dire le cose come stanno ecc.?” Possibile sì, soprattutto nei casi in cui chi ci conosce da sempre snocciola con gran facilità tutta una serie di aneddoti che provano di “esser sempre statə” unə bambinə pacificə/comprensivə/più grande della sua età/allegrə/ribelle. Destino o accanimento divino? O siamo “semplicemente” natə per questo?

A volte nessuna delle tre, a volte è solo che quei terreni scivolosi, quelle salite impervie, quei ruoli carichi di responsabilità o di mortificazioni, sono tutto ciò che conosciamo, da sempre, sono le uniche basi su cui sappiamo tenerci in piedi, per quanto faticose, scomode e svantaggiose per sè siano. Se infatti non esiste “il gene del ruolo”, esiste comunque l’incarico che fin da subito impariamo ad assumerci dentro casa, incarico che può essere:

  • Chiesto esplicitamente: sono i casi in cui la famiglia dice chiaramente cosa si aspetta da noi: che siamo buonə, decisə, coraggiosə, all’altezza del cognome che portiamo, brillanti, comprensivə.
  • Preso spontaneamente: sono i casi in cui (ufficialmente) nessunə ha mai chiesto nulla, ma in cui “ci si è sentitə comunque” di adottare determinati atteggiamenti.

Nei casi in cui certi compiti si “assumono spontaneamente” ci sono delle situazioni che finiscono per essere dei potenti attivatori e stabilizzatori:

  • Vedere altrə in difficoltá: genitore o genitori in affanno per motivi esterni (es. disagio economico, molto lavoro) o interni (es. lutto, depressione).
  • Parenti “cattivə”: presenza di figure negative (es. un altrə figliə, unə dei genitori, nonnə o ziə) che fanno soffrire unə o entrambə genitori.
  • Nessunə altrə a farsi avanti: ci si accorge di una lacuna, di qualcosa che andrebbe fatto ma che nessunə fa (es. ribellarsi, consolare, proteggere).

Prendersi determinati ruoli in casa fa sì che si cresca imparando molto bene a:

  • Capire: lo stato emotivo, le necessità e le motivazioni altrui, anche quando illogiche o dannose per sé, a volte si impara anche a prevedere gli effetti collaterali di alcune decisioni.
  • Attivarsi per altrə: sempre spontaneamente, sempre ogni volta che si percepisce una necessità, arrivando anche a fare cose al posto loro.
  • Prendersi responsabilità: anche se competerebbero altrə, anche “gratis”, anche gravi, anche incongrue rispetto al rapporto, anche molto più grandi di sé.

… e che non si impari molto bene ad:

  • Ascoltarsi: le proprie emozioni, desideri, volontà autentiche spesso rimangono un vero mistero, non è raro che invece di sentirsi tristə o arrabbiatə si sentano dolori fisici.
  • Attivarsi per sé: agire per sé stessə, per migliorare la propria vita o condizione, è associato ad un senso di imbarazzo o di egoismo
  • Rispettarsi: mettere dei confini, dire di no, fermarsi, fare un passo indietro, allontanarsi da situazioni nocive: tutto questo è molto difficile

Si cresce quindi e queste sono le basi di questa crescita, sono ciò che conosciamo e che riconosciamo come familiari quando ci vengono riproposte, come un vecchio maglione che sappiamo portare anche se ci pizzica da tutte le parti e che quindi indossiamo ancora e ancora, anche quando potremmo ormai lasciarcelo alle spalle e cercare qualcosa di meglio per noi e per la nostra pelle. Infatti, quando ci si trova davanti qualcunə che ci ripropone quelle stesse dinamiche e “ci mette” in quello stesso ruolo:

  • Non ci troviamo “niente di strano” essendo una condizione relazionale in cui siamo abituatə a stare da sempre.
  • Il ruolo in cui ci ritroviamo di nuovo è anche l’unico in cui ci sentiamo “bravə” e con cui sentiamo di dimostrare affetto.
  • In nome di ciò che “non si è imparato molto bene a fare”, ruoli alterativi a questo metterebbero a disagio, in difficoltà.

Ed è così che anche fuori dalla famiglia ci si ri-infila nel solito ruolo, ma dopo un po’ inizia a pesare perché lo schema in cui si cade porta con sé due caratteristiche scomodissime: la prima è una visione parziale di sé in quanto alcune parti rimangono nascoste lasciando il dubbio sul fatto che siano anch’esse amabili o meno, la seconda è una mancanza di reciprocità dal momento che l’altrə non è in grado di fare per sé (e quindi tantomeno per noi) quello che noi facciamo per ləi. E questo succede spesso, in rapporti di qualsiasi tipo, tanto che con il tempo ci si inizia a sentire stupidə a “non imparare mai” dall’esperienza. Eppure, tutto questo non è una condanna, anche se uscirne non è facile perché richiede diversi compiti emotivamente difficili da affrontare:

  • Riconoscere il proprio contributo: spesso e volentieri ci si prende un determinato incarico prima ancora che l’altrə lo richieda, lo si fa in automatico.
  • Identificare l’origine: mettere in discussione la propria storia e ciò che si è ricevuto (e non) dalla propria famiglia d’origine non è semplice.
  • Tentare qualcosa di nuovo: un nuovo modo di stare al mondo bisognerà inventarselo da sé, con tutta l’incertezza e i rischi che questo comporta, soprattutto per i cambiamenti che potrebbe portare nei rapporti costruiti fino a questo momento.

Posturale: cos’è davvero? Facciamo chiarezza

Nel 2025, il termine “posturale” viene ormai usato per indicare qualunque cosa: dalla ginnastica medica di gruppo, ai corsi in palestra con il personal trainer, fino all’errata postura davanti al computer o alle solette correttive per le scarpe.

Tutto questo perché la parola posturale” ha perso significato, svuotata dal suo valore originario e travolta da un uso eccessivo e spesso scorretto da parte del marketing, che ne sfrutta l’associazione con l’idea di benessere.

Ma allora, cos’è veramente la rieducazione posturale?

La rieducazione posturale nasce in Francia nel secondo dopoguerra, grazie alla fisioterapista Françoise Mézières, che fu la prima a proporre una visione globale del corpo nella riabilitazione. La sua intuizione rivoluzionò l’approccio terapeutico tradizionale, portando l’attenzione sull’importanza delle catene muscolari.

Successivamente, il suo allievo Philippe Souchard elaborò e ampliò queste teorie, creando il metodo della Rieducazione Posturale Globale (RPG), oggi riconosciuto a livello internazionale e applicato anche fuori dall’Europa – basti pensare ai molti anni in cui lo stesso Souchard ha lavorato in Brasile, contribuendo alla sua diffusione globale.

Oggi, anche se entrambi ci hanno lasciato, il loro contributo rappresenta ancora un fondamento importante per molti professionisti della salute.

Infatti, medici, ortopedici e fisiatri continuano a prescrivere cicli di rieducazione posturale in caso di mal di schiena cronico, scoliosi, lombalgie, cervicalgie e altri disturbi legati alla biomeccanica del corpo.

È quindi importante fare chiarezza: la rieducazione posturale non è un generico allenamento per stare dritti”, ma una disciplina terapeutica precisa, con obiettivi clinici, basata su valutazioni funzionali e un trattamento specifico,

Quindi, cos’è davvero la rieducazione posturale?

Può sembrare sorprendente per alcuni, ma la rieducazione posturale non nasce come un semplice esercizio terapeutico da svolgere in autonomia. Al contrario, è una terapia manuale a tutti gli effetti, paragonabile per certi versi all’osteopatia o alla fisioterapia manuale, ma distinta da queste per alcuni principi fondamentali.

La rieducazione posturale riconosce un ruolo centrale alla mano del terapista, che agisce in modo correttivo e di stimolazione, ma coinvolge attivamente anche il paziente, che deve partecipare consapevolmente al processo. Respirazione, autoconsapevolezza, mantenimento delle posizioni, stretching (allungamento) e attivazione muscolare sono componenti essenziali della seduta.

Un altro aspetto chiave è l’approccio globale: non si lavora mai su un singolo sintomo isolato, ma sull’intera catena muscolare e funzionale del corpo. Ad esempio, se un paziente lamenta un dolore cronico al collo, la causa principale potrebbe trovarsi lontano dalla zona dolorante, magari nel

 diaframma, nel torace, nella colonna lombare, o addirittura nella catena posteriore che coinvolge gambe e piedi.

La rieducazione posturale parte quindi da un presupposto fondamentale: il corpo è ununità, e ogni compenso o squilibrio, anche distante dalla zona del dolore, può essere parte del problema.

Come si svolge concretamente una seduta di rieducazione posturale?

Una seduta di rieducazione posturale è profondamente diversa da una lezione di ginnastica o da un trattamento passivo. Si tratta di un incontro individuale tra paziente e terapista, della durata di circa 45-60 minuti, in cui ogni gesto, posizione e respiro ha uno scopo preciso.

Tutto inizia con un’attenta valutazione posturale, durante la quale il terapista osserva la morfologia del corpo, i compensi, i blocchi articolari, la respirazione e le catene muscolari coinvolte. Questa fase non si limita alla zona del dolore, ma considera il corpo nella sua globalità, alla ricerca delle cause profonde del disequilibrio.

Successivamente, il terapista guida il paziente in posizioni terapeutiche di allungamento globale, spesso mantenute per diversi minuti, nelle quali si lavora sulla decompressione delle articolazioni, sull’allungamento delle catene muscolari retratte e sulla corretta attivazione muscolare. Durante queste posture, il paziente è chiamato a respirare in modo consapevole, rilassare aree in tensione e mantenere l’attenzione sul proprio corpo.

Il terapista, nel frattempo, interviene manualmente per facilitare il rilascio miofasciale, correggere lievi disallineamenti o sostenere alcune parti del corpo, senza mai forzare, ma accompagnando il corpo verso un equilibrio più funzionale.

La seduta si conclude con una riflessione condivisa tra paziente e terapista: si valutano le sensazioni, si osservano eventuali cambiamenti immediati e si costruisce un percorso personalizzato, spesso integrando consigli posturali per la vita quotidiana o piccoli esercizi da eseguire a casa.

Un concetto fondamentale: la postura non si comanda, si educa

È importante comprendere un principio chiave: non possiamo controllare volontariamente e in modo costante la nostra postura. Pensare di “stare dritti” semplicemente perché ce lo imponiamo è un’illusione. Basta provarci: dopo pochi minuti, senza accorgercene, torniamo alla posizione abituale, spesso scorretta.

La postura non è un gesto cosciente, ma una risposta automatica e profonda del nostro sistema neuromuscolare. È il risultato di abitudini, tensioni, emozioni, respirazione, stile di vita e organizzazione muscolare.

Quindi, non si può correggere a comando, ma si può educare e stimolare. Come? Attraverso terapie mirate, esercizi di allungamento globale, lavoro sulla respirazione e attivazioni muscolari guidate. In questo modo, il corpo viene progressivamente rieducato a trovare un nuovo equilibrio, più sano ed efficiente, senza sforzo cosciente.

Il cambiamento posturale reale non è forzato, ma acquisito: il corpo, se ben stimolato, impara da solo a posizionarsi meglio. E questa è la vera efficacia della rieducazione posturale.

Se sei interessato a prenderti cura della tua postura, o ti è stato indicato di farlo dal tuo medico specialista, contattami.

Dott. Andrea Grimozzi FKT

Riabilitazione pre e post protesi d’anca: perché è fondamentale affidarsi a un fisioterapista

Perché è importante fare fisioterapia

L’anca fa male da mesi. “Prenoti una visita ortopedica“, e alla fine arriva la diagnosi: serve una protesi. L’intervento è fissato tra due o tre mesi. E nel frattempo?

L’operazione di protesi d’anca – come quella di ginocchio – è tra le più comuni in ambito ortopedico. Viene indicata in casi di artrosi avanzata, necrosi avascolare, fratture o gravi limitazioni funzionali e dolorose. Se eseguita nei tempi giusti e con le corrette indicazioni, può offrire risultati eccellenti.

Ma attenzione: non basta operarsi per stare bene. Il successo dell’intervento dipende anche – e soprattutto – dalla riabilitazione fisioterapica, sia prima che dopo l’operazione.

La fisioterapia pre-operatoria: un’opportunità spesso sottovalutata

Una volta fissata la data dell’intervento, molti pazienti restano semplicemente in attesa. Ma questo è un errore. Iniziare subito un percorso fisioterapico può fare una grande differenza:

Migliora il tono muscolare: l’intervento, per motivi neurofisiologici, causa spesso un rapido calo di forza e massa muscolare. Rinforzare preventivamente i muscoli, soprattutto glutei e quadricipiti, aiuta a limitare questo effetto.

Riduce rigidità e aderenze: un’articolazione flessibile prima dell’intervento sarà più facile da recuperare dopo. Si prevengono così limitazioni funzionali e complicanze legate alle cicatrici interne.

Riduce l’ansia: sapere cosa aspettarsi, come muoversi e come affrontare le prime fasi del recupero dà al paziente maggiore fiducia e sicurezza.

A volte evita l’intervento: in alcuni casi, una buona fisioterapia può ridurre il dolore e migliorare la mobilità al punto da rendere per il medico superflua l’operazione.

E dopo l’intervento?

Dopo l’operazione, soprattutto nelle prime settimane, il paziente viene spesso seguito da fisioterapisti in ospedale o in ambito domiciliare. Ma il recupero completo richiede un lavoro costante e prolungato nei mesi successivi:

  • È fondamentale non interrompere il percorso riabilitativo troppo presto.
  • Serve un programma personalizzato che accompagni il paziente verso il ritorno a una vita attiva, autonoma e senza dolore.

Di questo parlerò più approfonditamente in un prossimo articolo.

La fisioterapia, eseguita in modo mirato e con la giusta continuità, è il ponte tra la sala operatoria e il ritorno alla quotidianità. Affidarsi a un fisioterapista esperto non è un dettaglio: è una parte essenziale del trattamento.

Topografia corneale a Roma: mappatura avanzata per la salute dei tuoi occhi

Nel cuore di Roma, Oculus Hub mette a disposizione dei pazienti una tecnologia diagnostiche avanzata in ambito oculistico: la topografia corneale

Si tratta di un esame non invasivo, rapido e indolore, che permette di ottenere una mappa tridimensionale estremamente dettagliata della superficie della cornea. 

Un vero punto di riferimento per la prevenzione, diagnosi e monitoraggio di numerose patologie oculari.

Cos’è la topografia corneale e perché è importante

La topografia corneale oltre a essere una misurazione, è una vera e propria “mappa” digitale della curvatura e dello spessore della cornea. 

Attraverso la proiezione di anelli luminosi sulla superficie dell’occhio, l’esame rileva anche le più piccole variazioni morfologiche, fornendo un’immagine chiara e precisa della struttura corneale.

Queste informazioni sono essenziali per individuare irregolarità che altrimenti potrebbero sfuggire ai controlli di routine. 

Tra le principali condizioni monitorabili con la topografia corneale ci sono l’astigmatismo, il cheratocono e altri disordini che compromettono la qualità visiva.

Un esame per tutte le età: adulti e bambini

La topografia corneale è adatta a pazienti di tutte le età. Nei bambini e adolescenti, questo esame gioca un ruolo cruciale nel controllo dell’astigmatismo e nella prevenzione di problematiche future legate alla curvatura corneale, come il cheratocono (che insorge proprio in età adolescenziale).

È particolarmente utile per quei piccoli pazienti che iniziano a manifestare cali visivi inspiegabili o frequenti variazioni nella prescrizione degli occhiali.

Negli adulti, invece, è spesso indicata per valutare la presenza e l’entità dell’astigmatismo e per monitorare condizioni già diagnosticate, come il cheratocono in fase iniziale o avanzata. Inoltre, è fondamentale nei casi in cui si indossano lenti a contatto gas permeabili o morbide, poiché aiuta a verificarne la corretta aderenza e tollerabilità.

Indispensabile nella chirurgia refrattiva e nei controlli post-operatori

Oltre alla diagnosi, la topografia corneale è uno strumento essenziale nella pianificazione degli interventi di chirurgia refrattiva, come PRK o LASIK. Fornisce ai chirurghi oftalmologi dati dettagliati che consentono una valutazione personalizzata del paziente e permettono di ottimizzare i risultati post-operatori.

Anche nel follow-up dopo un intervento, la mappa corneale serve a monitorare l’andamento della guarigione e a individuare eventuali complicanze precoci, garantendo un recupero visivo più controllato e sicuro.

Perché scegliere Oculus Hub 

Presso il nostro studio, la topografia corneale viene eseguita con strumentazioni di ultima generazione. Ogni esame è integrato in un percorso di cura completo e personalizzato, che mette al centro il benessere visivo del paziente.

Grazie alla nostra esperienza e attenzione costante nei confronti di chi si affida a noi, offriamo un servizio di alta qualità per tutte le fasce d’età, assicurando diagnosi precise e indicazioni terapeutiche mirate.

Benefici dell’osteopatia nel trattamento dei disturbi visivi

Nel campo della salute visiva, sempre più spesso si riconosce il ruolo di discipline complementari alla medicina tradizionale. Tra queste, l’osteopatia si sta affermando come un valido supporto nel trattamento di alcuni disturbi visivi, grazie alla sua capacità di agire in modo globale sull’equilibrio muscolo-scheletrico e posturale del corpo. 

Sebbene non si tratti di una terapia oculistica in senso stretto, l’osteopatia può comunque contribuire in modo significativo a migliorare la funzionalità visiva, riducendo tensioni e disfunzioni che influiscono indirettamente sulla vista.

Il legame tra postura, tensioni e visione

La vista non è un senso isolato dal resto del corpo. Al contrario, è parte integrante di un sistema complesso in cui postura, equilibrio e coordinazione oculo-motoria giocano un ruolo fondamentale. Quando ci sono squilibri posturali, ad esempio dovuti a tensioni muscolari del collo o della schiena, il sistema visivo può trovarsi sotto stress, influenzando la qualità della percezione visiva: Un esempio comune è la presenza di tensioni a livello cervicale, spesso causate da posture scorrette prolungate (come davanti a computer o smartphone), che possono alterare la mobilità oculare, causando affaticamento visivo, visione sfocata, mal di testa o addirittura disturbi dell’equilibrio. Viceversa squilibri della funzione visiva non adeguatamente corretti, possono influenzare la posizione del capo e del collo, con effetto sulla muscolatura del collo e delle spalle, sulla colonna in generale, finanche sull’appoggio plantare.

Come interviene l’osteopatia nei disturbi visivi

L’approccio osteopatico si basa su una visione globale del corpo e punta a ristabilire l’armonia tra le strutture muscolo-scheletriche, viscerali e cranio-sacrali. Quando si interviene su pazienti con problematiche visive, l’osteopata lavora soprattutto su tre aree:

1. Trattamento del rachide cervicale: la zona del collo è strettamente collegata alla motilità oculare. Rilasciare le tensioni cervicali migliora la postura e riduce il carico sulle strutture che influenzano indirettamente la funzione visiva.

2. Cranio e sistema cranio-sacrale: l’osteopatia craniale si focalizza su micro movimenti delle ossa del cranio, compresi gli orbitali che contengono i bulbi oculari. Attraverso manipolazioni delicate, è possibile riequilibrare le tensioni nei tessuti che avvolgono e sostengono l’occhio.

3. Diaframma e respirazione: lavorare sulla respirazione e sul diaframma aiuta a regolare la tensione del sistema nervoso autonomo, favorendo un miglior rilassamento globale, fondamentale nei casi di affaticamento oculare legato a stress o sovraccarico.

Disturbi visivi che possono trarre beneficio

L’osteopatia può essere utile come trattamento di supporto in diverse situazioni, tra cui:

  • Astenopia (affaticamento visivo) legata a uso prolungato di dispositivi elettronici.
  • Disfunzioni oculomotorie, come difficoltà di convergenza e inseguimento.
  • Cefalee e disturbi posturali connessi a tensioni oculari.
  • Squilibri nei bambini con difficoltà visuo-motorie, dove un approccio multidisciplinare può includere ortottica, logopedia e osteopatia.

Va sempre precisato che l’osteopatia non sostituisce il lavoro dell’oculista o dell’ortottista, ma può integrarsi positivamente in un piano terapeutico più ampio, migliorando l’equilibrio posturale e favorendo una migliore funzione visiva.

Una visione integrata per il benessere visivo

Il trattamento osteopatico, grazie alla sua attenzione per il corpo nel suo insieme, si dimostra particolarmente efficace nel ridurre le tensioni che possono aggravare o alimentare disfunzioni visive. Lavorare quindi in sinergia tra professionisti, rappresenta oggi un approccio sempre più apprezzato in ambito clinico, in grado di offrire ai pazienti una risposta completa e personalizzata: ciò comporta una risoluzione più veloce ed una stabilizzazione visio-posturale duratura nel tempo.

In un mondo in cui la vista è sempre più messa alla prova da stili di vita digitali e posture scorrette, l’osteopatia può offrire un valido contributo per ritrovare equilibrio, benessere e una migliore qualità della visione.

Psicoterapia sistemico-relazionale: migliorare le relazioni familiari

La psicoterapia sistemico-relazionale rappresenta un approccio innovativo per affrontare e superare i conflitti all’interno delle famiglie, favorendo una comunicazione più aperta e consapevole. 

Questo tipo di terapia si concentra non solo sull’individuo, ma sull’intera dinamica familiare, riconoscendo che ogni membro è parte integrante di un sistema interconnesso. 

Lo scopo? Supportare le famiglie nel migliorare le proprie relazioni, risolvere conflitti e creare un ambiente più sano e armonico.

Comprendere la psicoterapia sistemico-relazionale

La psicoterapia sistemico-relazionale si basa sull’idea che le relazioni familiari influenzino profondamente il benessere emotivo e psicologico di ognuno. 

A differenza di altre forme di terapia che si concentrano esclusivamente sul singolo, questo approccio analizza l’interazione tra i membri della famiglia e cerca di identificare i modelli comunicativi disfunzionali. 

Lo specialista in psicoterapia sistemico-relazionale lavora per far emergere questi schemi, aiutando i componenti della famiglia a comprendere come le proprie dinamiche possano contribuire ai conflitti e a problemi di comunicazione.

Il ruolo nella gestione dei conflitti

Uno dei principali obiettivi della psicoterapia sistemico-relazionale è quello di ridurre i conflitti e migliorare la capacità della famiglia di gestire le tensioni quotidiane. 

Attraverso sessioni guidate, il terapeuta aiuta i membri della famiglia a esprimere i propri sentimenti in modo costruttivo, favorendo il dialogo e la comprensione reciproca. 

Il focus non è tanto su chi ha ragione o torto, quanto sulla ricerca di soluzioni condivise e sul rafforzamento della coesione familiare. 

Questo processo contribuisce a creare un ambiente in cui ogni membro che ne fa parte si senta ascoltato e valorizzato, riducendo il rischio di malintesi e risentimenti.

Strategie e tecniche utilizzate

La psicoterapia sistemico-relazionale impiega diverse tecniche per facilitare il cambiamento all’interno della famiglia. 

Alcune di queste sono:

  • Mappe familiari e genealogiche: Questi strumenti aiutano a visualizzare le relazioni e i modelli comunicativi presenti nella famiglia, evidenziando eventuali cicli di conflitto o comportamenti ripetitivi.
  • Esercizi di comunicazione: Attraverso esercizi mirati, il terapeuta insegna come ascoltare attivamente e comunicare in modo chiaro e diretto, evitando fraintendimenti.
  • Role playing: Le simulazioni di situazioni conflittuali permettono di esplorare diversi modi di reagire e di gestire i problemi, aprendo nuove prospettive e strategie alternative.
  • Interventi narrativi: Con il racconto della propria storia familiare, è possibile ristrutturare le proprie percezioni e dare nuovi significati alle esperienze passate, facilitando la risoluzione dei conflitti attuali.

Queste tecniche, combinate con l’empatia e la guida del terapeuta, permettono di facilitare la rottura di cicli negativi e di instaurare una comunicazione più sana e produttiva.

Benefici per la famiglia 

Come abbiamo visto, i benefici della psicoterapia sistemico-relazionale sono molteplici e si riflettono su vari livelli. 

In primis, migliorare la comunicazione e risolvere i conflitti interni porta a un ambiente familiare più sereno, dove ogni membro si sente supportato e compreso. Questo non solo favorisce il benessere individuale, ma crea una base solida per lo sviluppo personale e relazionale. 

Inoltre, la capacità di gestire in modo efficace i conflitti riduce lo stress complessivo e contribuisce a un migliore equilibrio emotivo, con impatti positivi sia a casa che nella sfera esterna, come il rendimento scolastico nel caso dei bambini o la produttività lavorativa negli adulti.

Investire in un percorso terapeutico non è mai sbagliato perché significa non solo affrontare i problemi di comunicazione, ma anche promuovere un ambiente fertile per crescere, esprimersi e contribuire al benessere collettivo.

Nutrizione e salute oculare: cibi che favoriscono una buona vista

La salute dei nostri occhi è strettamente legata alle nostre scelte alimentari quotidiane. Al di là delle visite oculistiche di routine e delle protezioni esterne, ciò che mettiamo nel piatto influenza direttamente la nostra capacità visiva. Questa guida esplora il legame concreto tra alimentazione e salute oculare, basandosi su evidenze scientifiche e ricerche cliniche.

L’importanza di una dieta equilibrata per gli occhi

Il nostro organismo, e in particolare il sistema visivo, necessita di una varietà di nutrienti per funzionare al meglio. Gli occhi sono organi complessi che richiedono una costante fornitura di vitamine, minerali e antiossidanti per proteggersi dallo stress ossidativo, mantenere la funzionalità della retina e prevenire patologie degenerative. Una dieta ricca di cibi nutrienti, combinata con uno stile di vita sano, può ridurre il rischio di sviluppare disturbi come la degenerazione maculare senile, le cataratte e la sindrome dell’occhio secco.

Nutrienti fondamentali per la salute oculare

Le ricerche oftalmologiche hanno identificato specifici nutrienti critici per la salute oculare:

Vitamina A e beta-carotene: Fondamentali per la formazione della rodopsina, la proteina della retina responsabile della visione in condizioni di scarsa luminosità. Carote, patate dolci e spinaci sono ricchi di beta-carotene.

Luteina e zeaxantina: Antiossidanti che proteggono la retina dai danni causati dalla luce e dai radicali liberi. Verdure a foglia verde come spinaci, cavoli e bietole, così come frutti come kiwi e arance, sono ottime fonti.

Omega-3: Gli acidi grassi essenziali, in particolare il DHA, sono componenti chiave della retina e aiutano a mantenere la sua struttura e funzionalità. Pesce come salmone, sgombro e sardine, insieme a semi di lino e noci, sono ricchi di omega-3.

Vitamina C ed E: Queste vitamine antiossidanti proteggono gli occhi dallo stress ossidativo e contribuiscono a rafforzare i vasi sanguigni oculari. Agrumi, fragole, mandorle e semi di girasole sono eccellenti fonti.

Zinco: Essenziale per il trasporto della vitamina A dal fegato alla retina, lo zinco aiuta a prevenire la degenerazione maculare. Carni magre, legumi e semi di zucca ne contengono buone quantità.

Cibi che favoriscono una buona vista

Integrare nella propria dieta alimenti ricchi di questi nutrienti può fare la differenza nella salute degli occhi. Ecco alcuni consigli:

I frutti e le verdure sono la base di una dieta sana per gli occhi. Carote, spinaci, cavoli, bietole e broccoli non solo apportano beta-carotene, luteina e zeaxantina, ma forniscono anche vitamine essenziali che aiutano a proteggere la vista. Gli agrumi poi sono ricchi di vitamina C, fondamentale per il benessere della retina e dei vasi oculari.

Il pesce, in particolare quello ricco di omega-3, è indispensabile per mantenere una buona salute retinica e ridurre l’infiammazione. Per chi preferisce opzioni vegetali, noci, semi di lino e semi di chia sono alternative valide per integrare questi acidi grassi essenziali.

Gli alimenti ricchi di zinco come carne magra, legumi e semi di zucca sono fondamentali per il trasporto della vitamina A e per la protezione della retina.

Mangiare bene per una vista sana 

Una dieta equilibrata per la salute oculare non significa privarsi dei piaceri della tavola, ma integrare cibi nutrienti in modo vario e gustoso. 

Investire nella nutrizione per la salute degli occhi significa prendersi cura di uno degli organi più preziosi del nostro corpo e con l’adozione di una dieta consapevole e varia, puoi non solo migliorare la vista, ma prevenire anche eventuali problemi futuri, con l’unico obiettivo di vivere una vita più attiva e soddisfacente.

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